
PNL: quando la vittoria è il risultato del dialogo tra testa e muscoli
L’UNIONE SARDA – 29 marzo 2007
PNL: quando la vittoria è il risultato del dialogo tra testa e muscoli
Marco Valerio Ricci, valdostano, 34 anni, è Coach e Trainer internazionale di Programmazione Neuro Linguistica. Negli ultimi tempi ha spesso lavorato con aziende sarde. Tra i suoi clienti, atleti di diverse discipline sportive.
Trainer e Coach che differenza c’é?
“il trainer è una persona che utilizza tecniche e strategie formative, mentre il coach non ha l’obiettivo formativo, ha soprattutto quello di accompagnare una persona da un punto di partenza a un punto d’arrivo, come una carrozza, un mezzo di trasporto”.
Chi serve di più a uno sportivo?
“Un coach mentale, qualcuno che lo aiuti a focalizzare l’obiettivo, una corretta analisi della realtà e poi lo assista nel processo di ottenimento dell’obiettivo”.
Negli sport di squadra è più importante curare la squadra o il singolo?
“Entrambe le cose. Sto presentando un progetto per un team molto importante, va a lavorare prima di tutto sulla squadra. La comunicazione interna, i rapporti, la motivazione, la capacità di concentrazione del gruppo. Poi c’è l’aspetto individuale. C’è chi prima della prestazione somatizza, con sfoghi, coliti o herpes. Situazioni personali che non andrà mai ad affrontare da uno psicologo. Ma una persona come me lo aiuta a trovare i suoi obiettii all’interno degli obiettivi della squadra. Si coordinano i due lavori. Magari non con tutti i singoli, ma soltanto con chi ha maggiore necessità”.
Cosa è più facile?
“Con la squadra si sfrutta meglio l’effetto del gruppo, è più facile creare “coinvolgimento”. Se ci sono situazioni un pò più particolari che la persona sta vivendo, è più facile che questo si apra in una situazione faccia a faccia. Il ruolo del coach non è risolvere i problemi, ma aiutare e supportare nel raggiungimento degli obiettivi. I problemi vengono affrontati, ma non è quella la tensione principale”.
Chi si rivolge a voi?
“Molto spesso squadre che magari partono con obiettivi ambiziosi, poi a metà stagione non hanno raggiunto lo scopo e non possono investire ancora. Più che sulla qualità degli individui intervengono sulle relazioni o su come il lavoro sta andando avanti.
E gli atleti?
“Diversi. Possono essere giovani promesse. Ho seguito una tennista dagli 11 ai 14 anni: l’abbiamo formata nella preparazione mentale, la gestione delle emozioni durante la partita. Oppure professionisti che si rendono conto che potrebbero dare di più, o che sono vicini a esplodere, però non esplodono. Tendenzialmente chi ha grosse potenzialità e si rende conto che è una questione di testa”.
Qualche nome?
“I più noti non posso rivelarli, per motivi contrattuali. In passato anche calciatori di serie A e B. Ma non attualmente”.
Qualcuno che le piacerebbe assistere?
“Tra i campioni del passato, i pallavolisti Andrea Lucchetta e Andrea Zorzi, perché avevano già una grande mentalità e potevano rendere ancora di più secondo me. E’ bello lavorare con persone che pensano in grande. Perché basta relativamente poco per farli diventare ancora più forti di quanto non siano”.
Tra quelli in attività?
“Loris Capirossi, secondo me ha delle potenzialità paurose, come dimostra sul giro singolo, ma mi piacerebbe lavorare sulla costanza lungo la gara. Credo che la mente faccia la differenza, come si vede con Valentino Rossi, che è metodico, preciso. Ha qualcosa in più degli altri e lo costruisce. Però la mia impressione è che Capirossi abbia ancora più talento, al di là della moto. Oppure Fisichella, che credo potrebbe tranquillamente avere risultati ancora maggiori”.
Uno come Cristian Vieri?
“Sarebbe un’ottima persona, mi piacerebbe, perché ha grandi potenzialità”.
Qualcuno che non vorrebbe assistere?
“Due che hanno un grandissimo talento: Cassano e Totti, però per due motivi diversi. Cassano sembra un pò “farfallone”, Totti è un bravo ragazzo che avrebbe anche bisogno, ma andrebbe ristrutturato in tanti comportamenti, nella sua gestione delle emozioni. Sembra che non gli interessi più di tanto cambiare, per un fattore culturale. A me piace lavorare con chi è interessato a ottenere veri risultati”.
Preferisce un caso disperato o uno che ha bisogno di un ritocco?
“La seconda ipotesi, anche se a volte un caso sembra disperato, ma basta trovare la chiave per risolverlo. Spesso nella loro mente le persone ingigantiscono le difficoltà e vanno soltanto aiutate a cambiare punto di vista. Vieri sembra un caso disperato ma non credo che il suo problema sia difficile”.
Qual’è il difetto dei calciatori?
“Spesso è la mancanza di umiltà, il non volersi mettere in gioco, l’idea che l’aspetto mentale conti solo fino a un certo punto. Dipende dai valori che danno alle cose. Sono più vicini al mondo dello spettacolo, dell’esteriorità. Però c’è gente molto diversa, come Alex Del Piero, che fa della professionalità un credo. Questo gli permette di sopportare tutte le critiche”.
Che differenza c’è tra lei e uno psicologo?
“Una differenza sostanziale: non vado alla ricerca delle cause del problema ed evito con attenzione di fare test che servano a classificare le persone. Fornisco loro la capacità di comunicare meglio con se stessi (mente e corpo) per aiutarli a utilizzare le loro risorse al massimo, anche a livello fisico”.
Quanto costa farsi seguire da un coach motivazionale?
“Seguo e ho seguito atleti che non sono nessuno, ai quali chiedo dai 300 agli 800 euro al mese per uno junior. Ma è un atleta che ha meno pressioni, che va solo supportato nell’approccio mentale. Per un professionista che ha necessità di altro livello, lì i costi possono salire decisamente, dieci volte tanto. Dipende dal tipo di intervento”.
Qual’è l’errore più comune che commette l’atleta che non riesce a ottenere risultati?
“Spesso focalizzarsi sulle difficoltà e sui problemi, perdendo di vista il piacere e il divertimento di fare lo sport, che come tale va vissuto con felicità”.