
Coaching: un elettricista per gli azzurri
TUTTOSPORT – 14 settembre 2007
Coaching: un elettricista per gli azzurri
MARSIGLIA:
“La scelta dei giocatori di chiudersi in cerchio è in contrasto con il lavoro svolto e ha impedito alla loro energia di espandersi. Ma alla Scozia mancano due settimane: c’è il tempo per sistemare tutto”
L’impressione è che l’Italia del rugby abbia aperto, a sorpresa, un “ufficio complicazioni affari semplici”.
Mercoledì sera contro la Romania l’attività dell’ufficio era frenetica e la partita – e per conseguenza il Mondiale – stava per essere buttata nel cassonetto della spazzatura dopo mesi e mesi di lavoro e di grandi risultati.
Per fortuna i ragazzi di Berbizier si sono dati una scrollata proprio quando la catastrofe sembrava pronta, così match e torneo sono stati portati in salvo. Per il momento.
“Problemi con la testa” continua a ripetere il ct degli azzurri.
Insomma manca la concentrazione oppure, meglio, i rugbysti italiani hanno paura. Qualcuno di loro lo ha anche ammesso uscendo dal campo dopo aver passato di misura gli uomini in maglia gialla.
Masi ad esempio: “Dopo la seconda meta romena siamo andati in panico”.
Oppure Parisse: “Ci è andata bene, ma abbiamo perso troppi palloni e non abbiamo avuto un briciolo di concretezza. La paura ci ha seguito fino al fischio finale”.
Si scopre che i rischi di due giorni fa sono semplicemente l’effetto di qualcosa che ha tutto l’aspetto di un corto circuito che dura da un pezzo.
Si scopre anche che c’è qualcuno che ha sentito suonare il primo allarme alle 13,42 dell’8 settembre e che sentendolo suonare si è meravigliato e preoccupato.
Quel qualcuno è Marco Valerio Ricci, che da maggio è il Coaching-man (“preparatore mentale”) della squadra.
E’ lui che, da casa sua in Italia, dov’è rimasto, si è reso conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
La scena-chiave si è svolta quando gli All Blacks, tre minuti prima dell’inizio della partita, hanno cominciato l’Haka. La scelta degli azzurri, in effetti molto strana e diversa dal solito, è stata di chiudersi in cerchio ignorando quel che i neozelandesi stavano facendo.
Una decisione discutibile e per niente apprezzata dai numero uno, ma non è questo il punto.
“Quell’atteggiamento è incongruente con tutto il lavoro svolto finora e non è la conseguenza dei messaggi che sono stati mandati alla squadra. Quella chiusura in cerchio, ignorando gli All Blacks, equivale a bloccare l’energia verso l’interno anziché espanderla”.
Un atteggiamento che si è trascinato fino al confronto con i romeni…
“Non so se sia l’interpretazione più giusta. Con i neozelandesi quel blocco è durato una ventina di minuti, poi qualche buona fase s’è vista e sono arrivate anche due mete: non era mai successo. Contro la Romania direi invece che cause ed effetti sono diversi. I ragazzi sono scesi in campo convinti di non avere il pieno sostegno della gente e questo è stato un peso, un freno. Insomma è mancata la fiducia in sé stessi. Dato che abbiamo lavorato a lungo sul “piacere di giocare”, nella seconda partita quel piacere non c’è mai stato. E la capacità di diventare killer dopo l’iniziale vantaggio di 8-0 è sfumata.”
Si direbbe che c’è qualche corto circuito che impedisce alla squadra di funzionare. E che il suo ruolo – diciamo così – di elettricista sia di nuovo necessario.
“Così a distanza, senza essere a contatto con i giocatori, davvero non sono in grado di valutare se si tratti effettivamente di un corto circuito. In effetti il mio lavoro di coaching è anche paragonabile a quello di un elettricista, ma soprattutto quando lavoro sui singoli, ovvero negli sport individuali. Quando si tratta di una squadra la situazione cambia.”
Eppure durante il Sei Nazioni non si sono presentate difficoltà di questo genere. In più, molti dei titolari giocano ad alto livello in club stranieri e sono abituati a tensioni di questo genere.
“C’è grande differenza tra club, specie all’estero, e la Nazionale”
Raggiungerà gli azzurri in Francia per risolvere la situazione?
“Qualcosa era già in programma, ma la decisione dipende dallo staff azzurro. Berbizier è un programmatore meticoloso e non rientra nei suoi schemi l’ipotesi di un intervento d’urgenza. Comunque resto ottimista: c’è una settimana per affrontare la matricola Portogallo e un’altra per preparare la Scozia. Non mancherà il tempo per sistemare tutto”.