
Coaching: i fantasmi dell’anno scorso possono far deragliare Lewis
CORRIERE DELLA SERA – 31 ottobre 2008
SAN PAOLO — La paura di vincere esiste davvero o è un luogo comune?
“Esiste, esiste. Ed è un qualcosa che cattura, più che i mediocri, l’atleta d’alto livello davanti al salto di qualità”. Come Hamilton e Massa: uno dei due diventerà, per la prima volta, campione del mondo di F1. Marco Valerio Ricci, già consulente della nazionale di rugby, oltre che un quotato ipnotista, è un “coach trainer” e si occupa delle coaching.
Non si parte dagli schemi classici della psicologia, ma dalla comunicazione verso se stessi. Spesso ignoriamo di conoscere già le risposte che cerchiamo. Il mio gruppo aiuta così gli atleti a ottenere risultali mediante le “risorse interiori”.
Dunque, professore, chi avrà più paura dopodomani?
Hamilton é il favorito, 55% contro 45% secondo me, ma potrebbe deragliare: c’è il ricordo del disastro dell’anno scorso e poi ci sono i segnali della stagione, nella quale ha dimostrato di cedere nei momenti chiave.
La paura di vincere non si manifesta tanto in un errore, ma in una sequenza di piccole disattenzioni che, combinate, creano il patatrac.Rischia di più rispetto al 2007: se manca ancora il titolo non si trasforma in un perdente seriale, ma si mette in lista d’attesa per diventarlo.”
ll quadro psicologico, forse insospettabilmente, propende allora per Massa: secondo Ricci il tifo di casa non sarà una pressione “ma una spinta e un’occasione.
lnoltre Felipe pare più leggero proprio perché 7 punti da rimontare sono tanti: “Sa che serve un miracolo. Peggio sarebbe se ne avesse solo uno o due; o se fosse davanti.
Così può giocare il tutto per tutto e attaccare”.
Ma questo deve essere anche il leit motiv dell’inglese:
“Hamilton deve badare a vincere: se comincia a ragionare sui piazzamenti che gli bastano per essere comunque campione, abbassa la concentrazione e si frega di nuovo. E’ una classica deriva del cervello umano: nel momento in cui ti imponi di non sbagliare, rappresenti l’errore e vai in quella direzione. Per lui, poi, vedo un altro pericolo: la figura del padre. Lewis ne parla spesso: é come se volesse dimostrare qualcosa da figlio e non da uomo. Ma se non sei te stesso, non vinci mai”.