Programmazione Neuro Linguistica: allena la tua mente

FITNESS MAGAZINE: n. 12 GEN/FEB 2010

L’acronimo è PNL, il nome esteso: Programmazione Neuro Linguistica.

Molti campioni vi ricorrono per raggiungere traguardi più alti o per superare i propri limiti, sfruttando il principio secondo cui il cervello, rispondendo a programmi inconsci che passano attraverso il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale, può essere allenato a reagire secondo schemi prestabiliti che permettono di incrementare le prestazioni.

“Sono un allenatore mentale: insegno alle persone come usare il sistema mente-corpo per migliorare i propri risultati. Siano essi sportivi, professionali o relazionali”.

Così ci introduce Marco Valerio Ricci l’argomento.

Programmazione Neuro Linguistica: che parolone, eh?! Fortunatamente il buon Marco Valerio, esperto di ipnosi e sportivo a 360 gradi, ci ha spiegato vita morte e miracoli di questa tecnica (apparentemente complessa) utilizzando un linguaggio molto semplice e chiarissimi esempi.
Iniziamo. Si chiama programmazione perché, proprio come in un computer, il cervello risponde a programmi che elaborano i dati in nostro possesso, in questo caso nozioni, informazioni, insegnamenti. Neuro perché il computer in questione è il nostro sistema nervoso, attraverso il quale l’esperienza è ricevuta e processata tramite i cinque sensi e dal cervello. Linguistica in quanto il file attraverso cui vengono caricati i dati è il linguaggio, la comunicazione.

Prevenire è meglio che curare

Domanda: quando si ricorre a questa tecnica?

Risposta: ogni qualvolta subentra un blocco che non ci permette di esprimerci al meglio, tra cui rientra anche l’atteggiamento negativo verso qualcosa o qualcuno. Solitamente i blocchi si manifestano quando perdiamo il nostro equilibrio, dato da emotività, razionalità e istinto. Da qui nasce la necessità di ristrutturare la propria esperienza, mediante un processo di domande e di comunicazione (tra sé e il coach) con cui si andrà a cambiare la rappresentazione mentale di ciò che non funziona. Questa ristrutturazione può essere fatta in vari modi tra i quali il più semplice consiste nel rivedersi in una scena, effettuare le modifiche necessarie ad ottenere il risultato voluto e riviverla in maniera particolarmente vivida e associata. In tal modo il cervello crea delle neuro-associazioni (dette ancore) in grado id apportare significativi cambiamenti fisiologici tali da influenzare le nostre prestazioni nella realtà.

Due semplici esempi applicati allo sport

Kevin Costner, nel film Gioco d’amore, impersonava un giocatore di baseball che al motto di “fuori tutto” era in grado di ottenere un offuscamento tutto intorno a sé, che gli permetteva di concentrarsi unicamente sull’azione di gioco. C’erano soltanto lui, la palla e l’avversario. Nessuna distrazione era concessa. In gergo entrava il uno Stato di flusso.
Giorgio Rocca, diversamente, prima di una discesa era solito stringere forte i bastoncini (gesto attivatore) ottenendo una visione armonica di sé tra i paletti Riusciva in tal modo a caricarsi, a rimuovere ogni minima esitazione che potesse minare il gesto atletico che sarebbe andato a compiere, infondendogli sicurezza. Adesso che la PNL, questa sconosciuta, ti si è rivelata con parole amiche, ti portiamo a fare la conoscenzaq di Marco Valerio Ricci, per conoscerlo meglio e per farci raccontare come e con chi ha operato nel corso di questi ultimi anni, in modo da comprendere ancora meglio le potenzialità di questa affascinante tecnica.

L’INTERVISTA

Quali sono state le tue prime esperienze nei confronti della PNL e in quali campi?
All’età di 18 anni ho vissuto negli States per motivi di studio. Lì avevo un allenatore di nuoto che utilizzava tecniche di PNL per “motivare” la squadra in cui mi allenavo, composta da buoni nuotatori ma senza alcun fuoriclasse. Ebbene, la cosa sconvolgente è che riusciì a portarci a fine campionato imbattuti! Il suo motto era: “Non importa battere gli avversari, ma uscire dalla vasca solo dopo aver battuto il proprio limite personale”.

E quando hai iniziato ad avvicinarti a questa professione?
Per lavoro ho incominciato a studiare pnl e coaching, per parlare in pubblico, visto che ero il responsabile di un gruppo di commerciali. Poi, a cavallo tra ’97 e ’98, mi sono dedicato unicamente allo studio della pnl, iniziando l’attività di coach per una società che non sto a menzionare. Nel 2002 la svolta: inauguro la mia azienda, che sin dall’inizio ha avuto un occhio di riguardo per le figure sportive.

Squadre e atleti che hai seguito?
La Nazionale italiana di rugby, la tennista Natalie Vierin (che ha guadagnato quasi 100 posizioni nella classifica delle migliori tenniste del mondo, la squadra femminile di sci alpino dell’Asiva, diversi calciatori e allenatori (ma i nomi rimangono riservati), atleti di pattinaggio artistico su ghiaccio, la Prima Classe Roma Volley Femminile, apneisti, sciatori di fondo, maratoneti… un po’ di tutto, insomma.

Quali sono le maggiori difficoltà che incontri nel tuo lavoro?
Difficoltà da parte delle persone ad accettare il fatto che “poter cambiare” è una cosa possibile. Lo scontro con questo “limite razionale” è sempre presente e molto accentuato. E poi, sovente, denoto una scarsa chiarezza negli obiettivi: “Voglio aumentare le prestazioni”, mi chiedono. Ma quando chiedo perché, a quale scopo… la risposta stenta ad arrivare. Capire se ci sono limiti personali, piuttosto che professionali, da superare, è un fattore determinante nella strategia da adottare per raggiungere lo scopo.

Condurre uno sportivo verso la vittoria: che clima respiri durante il “training” e quale dopo?
C’è sempre molto entusiasmo e coinvolgimento, soprattutto quando l’atleta capisce che può essere padrone di se stesso. Questo gli infonde una grande energia. E devo dire ci si diverte molto lavorando insieme. In fondo, l’organismo è una macchina che risponde bene quando prova piacere, altrimenti alza subito le barriere anteponendo lo stimolo del rifiuto. Per questo ridere è di fondamentale importanza. Se si riesce a ridere di un problema lo si piò affrontar ridimensionandolo drasticamente. Se lo si prende troppo sul serio, al contrario, si rischia di rafforzarlo.

La sfida professionale che ti ha regalato, in assoluto, maggiori soddisfazioni?
Ricordo una squadra di calcio femminile, di serie B, che per me ha rappresentato una vera e propria sfida. Il loro approccio nei miei confronti era assolutamente scettico, totalmente chiuso. Erano ultime in classifica e il loro allenatore non sapeva più che pesci pigliare. Morale della favola, una volta stabilito un certo feeling, a fine campionato si sono ritrovate vicino alla vetta della classifica, tant’è che hanno voluto riconfermarmi anche per la stagione successiva.

Mente sana in un corpo sano: personalmente, come affronti il tema?
Lavoro molto su me stesso, dedicando un’ora ogni mattina alla meditazione e alle tecniche di autoipnosi. Un lavoro costante che mira a raggiungere l’equilibrio tra mente e corpo perfetto. Rappresenta il miglior modo di essere congruente con ciò che insegno. Il che non vuole dire essere perfetti ma impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi. O, come dicono i giapponesi, per perseguire il KAI ZEN, il costante e continuo miglioramento.

Pratichi sport?
Palestra e nuoto. Per la verità amo molto la pallacanestro e la pallavolo, che per alcuni anni ho praticato. Ma ora, per ragioni di tempo, non mi è più possibile. Compenso, quando posso, con lunghe camminate in montagna…

Segui un regime alimentare controllato?
Evito la carne, anche se ne sono goloso. Per una questione energetica, ovvero per evitare di assumere gli anabolizzanti che mangiano gli animali o le tossine che producono sotto stress quando sono “allevati in batteria”. Sì a pesce, frutta, verdura, pasta e tanto riso.

Sport preferito?
Da praticare, sicuramente la pallacanestro.

Ti sarebbe piaciuto intraprendere una carriera sportiva?
Sì, molto. Quando sono entrato nello staff della nazionale di rugby e per la prima volta ho indossato la maglia azzurra mi è scesa una lacrima: si è materializzato il sogno di vestire, anche se solo a bordo campo, i colori della Nazionale. Devi sapere che da ragazzino amavo a dismisura il basket e avrei fatto di tutto per diventare un giocatore professionista. Purtroppo la mia statura non mi metteva in gran luce…

Cosa avresti fatto di diverso nella vita?
Faccio il lavoro dei miei sogni: sono a contatto con le persone, lo faccio senza alcun vincolo di orari, viaggio molto. Non potrei desiderare niente di meglio! Se dovessi inventarmi un lavoro… sarebbe questo!

Sogno nel cassetto?
Riuscire a introdurre nelle scuole un approccio stimolante e generativo nei confronti di quanto ci circonda. Generare un bisogno di curiosità nei confronti della vita rispetto a quello giudicante e limitativo a cui si fa riferimento oggi: in sostanza, la scuola adegua l’individuo alla società in cui vive, ma lo fa inseguendo una media e non l’eccellenza.

ESERCIZI
Se qualcosa mi fa tremare… e fuori non c’è freddo
Premesso che la paura, generalmente, si manifesta con una sensazione fisica localizzata nella parte superiore del corpo, quello che segue è un semplice esempio di come sia possibile tenerla sotto controllo e ridimensionarla sino a neutralizzarla completamente.

Prova anche tu a… dare scacco matto alla paura in 7 mosse!

  • 1 Pensa a cosa ti fa provare una sensazione di paura
  • 2 Individua il punto esatto da cui senti partire questa sensazione
  • 3 Localizzala con precisione e segui il suo movimento (sale verso il petto o il collo?
  • 4 Scende verso il diaframma o l’addome?)
  • 5 Individua come ruota e torna nel punto di orgine (in avanti? All’indietro?)
  • 6 A questo punto falla ruotare sempre più velocemente, per tre secondi, sino a buttarla fuori dal tuo corpo (visualizzandola nella maniera che ritieni più opportuna)
  • 7 Adesso falla ruotare altri tre secondi nel senso opposto aumentando sempre di più la velocità e… falla rientrare!

Ora la paura dovrebbe apparire molto ridimensionata o potrebbe aver lasciato spazio alla voglia di sperimentare.

La domanda che potrebbe sorgere spontanea è: “Ma perché non posso eliminarla del tutto?”. Ebbene, la paura è un segnale con cui il corpo ti comunica una situazione di particolare pericolo, fisico o emotivo. Deve servire, quindi, da stimolo per usare le proprie risorse al meglio, per superarla e riuscire a raggiungere il traguardo designato, sia esso sportivo o personale.

Ricordare o no?
Pensa a un episodio poco piacevole e…
… distingui: il ricordo è associato (lo vedi con i tuoi occhi?) o ti appare come un’immagine proiettata dall’esterno?

Se associato, immagina di proiettarlo su uno schermo e vedi se l’intensità del ricordo diminuissce. Se è “fermo”, puoi provare a metterlo in movimento, cercando di far svanire il ricordo…

… oppure individua se l’immagine è a colori o in bianco e nero; quindi immagina di aumentarne la luminosità fino quasi a farla diventare bianca

  • Immagina di spostare l’immagine di 10 metri e di guardarla quindi da più lontano.
  • Immagina di ridurre le dimensioni dell’immagine della metà.
  • Immagina di mettere l’immagine su una sorta di razzo e di lanciarla nello spazio, facendola esplodere proprio al centro del sole

Adesso, ripensando al ricordo, il disagio dovrebbe essere alleviato. Il ricordo resta, ma è cambiata la codifica emotiva. Siamo in grado di produrre questa “magia” in quanto, contrariamente a quanto si pensa, lo stato emotivo che proviamo non è dato dall’evento in sé, ma dalla rappresentazione mentale dell’evento.

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